Uno sguardo ad una scena di quotidianità familiare

Una mamma deve andare al lavoro dopo che la figlia (tre anni) le ha detto “io non voglio te”, mentre con la manina la allontana da sé; la piccola si è risentita per essere stata ripresa dopo aver spinto malamente il fratello più piccolo.

Immaginiamo la frustrazione di questa madre: di corsa per non tardare al lavoro, si ritrova a dover gestire un momento di legittimo nervosismo verso la figlia, e ad essere contemporaneamente lei stessa oggetto della rabbia della bambina.

C’è la fatica del trattenere l’istinto di rispondere alla sfida, la fatica  del trattenersi dall’ostinarsi per intento educativo o semplicemente la fatica di non amplificare quello che sta accadendo, facendo di uno screzio una piccola tragedia. Al contrario, questa madre assenconda la figlia, lasciandole lo spazio che sta chiedendo. Senza rancore, senza rabbia, comunica alla piccola che il suo desiderio di spazio verrà ascoltato: la saluta e va al lavoro, lasciandola a giocare con il padre e il fratellino.

Tornando più tardi, la madre non sta più pensando a quanto accaduto, ma non appena entra in casa viene accolta  dalla figlia che in lacrime le corre incontro, le salta al collo e singhiozzando le dice “tu mi sei mancata tantissimo!”.
La madre, stupita e commossa, contraccambia l’abbraccio della figlia e la rassicura, dicendole quanto la ama e quanto grande sia l’affetto per lei.

Che cosa è successo?

Nella testa della bambina, la sequenza di eventi era chiara: la madre era andata via dopo che lei la aveva allontanata.

L’essersi arrabbiata con la mamma aveva provocato il suo allontanarsi, il suo arrabbiarsi le aveva fatto perdere la mamma, era responsabile di aver letteralmente provocato il suo andarsene.

Che cosa sarebbe accaduto se quella mamma, invece di pazientare, si fosse arrabbiata con lei quando si era sentita dire “non ti voglio! vai via!”?

La bambina avrebbe visto negli occhi della madre che le sue emozioni avevano provocato rabbia, fastidio; avrebbe forse pensato che le sue emozioni non erano tollerate e tollerabili.

Avrebbe forse pernsato che le sue emozioni erano “cattive”…

A quel punto, al ritorno della madre, sarebbe riuscita a correre a farsi consolare ?

O avrebbe invece avuto paura che la rabbia, che le emozioni negative che erano nate nell’adulto a seguito delle emozioni che lei aveva espresso, sarebbero state tanto grandi da cancellare l’amore materno per lei? Avrebbe forse temuto che le sue emozioni negative infuissero negativamente sulla possibilità di essere amata? Cosa avrebbe imparato sulla gestione dei sentimenti negativi?

L’importanza del perdono

Per quella bambina, è stato bello poter provare la rassicurazione del perdono. Ha potuto esprimere le sue emozioni negative e scoprire che la mamma non smette di amarla per questo, che per lei c’è sempre un abbraccio. Ha potuto imparare che il provare emozioni negative non cancella i sentimenti positivi, ma che grazie al perdono si può attraversare anche una tempesta di sentimenti poco piacevoli e approdare nuovamente ad un amore riparatorio.

Quante volte nella vita abbiamo avuto paura di esprimere le nostre (anche ragionevoli) emozioni negative per paura delle conseguenze? Per paura di perdere l’affetto di qualcuno, la sua stima, la sua fiducia?

Qesto meccanismo basato sulla paura è difficile da riconoscere, ed ancora più difficile da affrontare, ma non è impossibile da cambiare.

Il primo passo è chiedersi “di cosa ho paura? cosa temo che succederà se mi esprimo?”

Il secondo passo è sempre il perdono

Perdonarci per tutte le volte che abbiamo avuto paura di essere noi stessi.
Perdonare gli altri per tutte le volte che non si sono accorti delle nostre paure.

Attraverso il perdono possiamo andare oltre, mostandoci agli altri per ciò che siamo, con i nostri pregi e i nostri difetti, permettendo agli altri di conoscerci davvero

La possibilità di esprimere i propri sentimenti negativi è importante tanto quanto la possibiltà di esprimere i propri sentimenti positivi, nessuna parte di noi è meno importante di altre. Aprirci al mondo sicuramente ci espone, e più ci apriamo più diventiamo vulnerabili: per questo motivo dobbiamo ricordarci di guardare con compassione anche alle nostre stesse difficoltà, senza giudicarci con troppo rigore per quelle che possono essere le noste debolezze

prima di essere pronti a scusarci per ciò che siamo (o non siamo), dobbiamo essere pronti ad essere!